Real Avigliano, Emiliano Brunetti: “Alle piccole società non si possono chiedere miracoli”

Real Avigliano, Emiliano Brunetti: “Alle piccole società non si possono chiedere miracoli”

Passione, appartenenza, identità. Nei comuni di dimensioni ridotte del ternano, come del resto negli altri della penisola, il gioco del calcio rappresenta un vero e proprio fattore sociale. Ad Avigliano, ad esempio, permette a quasi sessanta ragazzi del territorio di poter trascorrere qualche momento di spensieratezza ed armonia. Se a ciò computiamo i componenti della prima squadra, praticamente quasi tutti appartenenti al territorio, ci si rende conto del valore ancora più importante che assume. Purtroppo però, a causa dell’emergenza sanitaria, lo sport dilettantistico regionale è fermo al palo con tutte le conseguenze che ne derivano. Al taccuino di www.calcioternano.it il presidente Emiliano Brunetti fa il punto della situazione, per ciò che concerne il proprio club di appartenenza.

Presidente come è andata la ripartenza?

“Ci siamo conformati a tutti i protocolli previsti. Dal controllare la temperatura, alle certificazioni. La prima squadra aveva iniziato i primi di settembre, successivamente anche i ragazzi del settore giovanile hanno cominciato gli allenamenti. Abbiamo proceduto alla sanificazione dei locali osservando le normative in auge. Poi è arrivato il nuovo stop”.

Si aspettava degli aiuti per le iscrizioni?

“Avrei diviso in due rate la quota, con il primo pagamento previsto per il mese di dicembre. Speravamo di poter iniziare. Tuttavia mi rendo perfettamente conto quanto sia impegnativo gestire queste piccole società, in un contesto troppo difficile. Al momento avremmo anche delle difficoltà a ricominciare, eventualmente, nel mese di gennaio. Faccio un esempio”. Il presidente ricorda un aspetto che accomuna molti club del territorio: “Il 50-60% delle nostre entrare arrivano dal torneo e dalla sagra che organizziamo. E’ saltato tutto” riferendosi al periodo precedente. “Siamo stati costretti a ridimensionare il tutto. Appena le condizioni ce lo potranno permettere, l’intenzione è quella di tornare alla normalità”.

Un problema che si pone: “La prima squadra è composta da adulti. Se invece pensiamo al settore giovanile questa pausa destabilizza. Ai giovani potrebbe passare il piacere di giocare. Sarebbe più importante far tornare a giocare prima i più piccoli, quando l’emergenza sarà finalmente alle spalle. La ripartenza deve essere concertata nel rispetto delle piccole società. Non ci possono chiedere dei miracoli. Se dovesse essere troppo difficile meglio ripartire in estate. Il campionato deve riprendere con una certa serenità, senza la paura di essere contagiati. La situazione generale deve essere sotto controllo. Non siamo professionisti”.

L’importanza di essere comunità: “Con i calciatori ci vediamo sempre, apparteniamo allo stesso comune. Cerchiamo di mantenerci vivi. Più andremo avanti e più sarà un problema. Anche i dirigenti rischiano di allontanarsi, perdono la passione. Questo virus purtroppo, anche sotto questo punto di vista, ha lasciato il segno”.

 

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